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Dalla parte di Tommaso: vedere per credere

written by Giacomo 8 Aprile 2018
Dalla parte di Tommaso: vedere per credere

Parto dal vangelo di oggi (Gv 20, 19-31), domenica successiva alla Pasqua, e mi rendo conto che anche io voglio vedere, toccare, sperimentare, prima di credere.

Molti dei miei amici, coetanei, o delle persone che conosco sono cresciuti in una famiglia ed in un ambiente di cristiani  cattolici, o comunque che tali si definiscono. Ora che hanno venti, venticinque o trent’anni, solo una minima parte di essi dice di credere e ancora meno sono coloro che frequentano regolarmente gli ambienti della fede, che sia andare a messa la domenica, aiutare in parrocchia, frequentare qualche gruppo, o pregare personalmente, coltivare la fede, insomma.. quelle cose che fanno “quelli di chiesa”.

Mi chiedo come biasimarli? Secondo me hanno ragione. Hanno fatto la scelta giusta. Io al posto loro avrei fatto lo stesso: se avessi vissuto la loro  vita, incontrato le stesse persone, passato le stesse esperienze, avrei fatto la stessa scelta, non ho alcun dubbio.
Se è vero che siamo il risultato delle persone che incontriamo, delle esperienze che viviamo, di come siamo stati trattati, allora molto probabilmente molti dei miei amici non credono più perché nulla o poco delle esperienze cristiane che hanno vissuto li ha toccati dentro, li ha smossi, perché probabilmente non hanno incontrato persone il cui comportamento ha provocato loro domande, gli ha parlato al cuore al punto da dire sì io mi identifico in questo stile di vita, questo modo di vivere è bello per me, mi rende felice, io credo.

Le parole sono importanti, ma da sole non bastano, abbiamo bisogno della riprova concreta. Il professore può comunicarti il voto dell’esame via mail, ma poi lo vuoi vedere scritto e firmato sul libretto. Gli amici ti hanno parlato bene di quel ristorante, ma vuoi mangiare tu stesso prima di poter dire che il cibo è buono. Il tuo ragazzo può esprimere l’affetto a parole, ma poi è nei gesti e nelle scelte che questo viene confermato. I tuoi genitori, il parroco, gli amici possono dirti che è bene credere, ma se le persone che si dicono credenti poi sono tristi, infelici, piatte, mosce, dov’è la conferma, la riprova concreta? La testimonianza, cioè incontrare e conoscere persone coerenti, credibili, che vivono veramente ciò in cui si credono, è la miglior prova concreta. È quello di cui ciascuno di noi ha bisogno, e lo stesso vale per Tommaso.

Come biasimare dunque Tommaso? Come incolparlo, puntare il dito contro di lui e dargli dell’incredulo? Se guardiamo bene l’unico motivo che avrebbe dovuto spingerlo a credere sono le parole degli altri apostoli. Le parole soltanto. Gli apostoli hanno veramente incontrato Gesù? Perché dunque otto giorni dopo sono ancora dentro una casa con le porte chiuse? Credo che se in quella settimana Tommaso avesse visto nei suoi compagni un modo di vivere diverso, uno stile di vita nuovo, avrebbe creduto. Le parole sono importanti, possono ispirare, motivare, dire molto, ma se non sono seguite dall’esempio, se non si incarnano, se non si concretizzano in azioni quotidiane, in atteggiamento, in scelte, perdono il loro significato. Diceva San Francesco:

Predicate sempre il vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole.

Più delle parole è la vita della persona che parla agli altri. Sono i suoi occhi e l’espressione sul suo volto, il modo in cui si relaziona con le altre persone, l’atteggiamento con cui affronta le sofferenze ed i periodi difficili della vita, le piccole grandi scelte di ogni giorno, i gesti concreti.

Io sono d’accordo con Tommaso, per credere possiamo partire dalla parola, ma abbiamo la necessità di trovare conferma nella vita concreta. Abbiamo bisogno di fare esperienza personalmente, di andare in profondità, di vedere ed incontrare persone che hanno il sole dentro, toccare con mano realtà difficili dentro le quali non muore mai la speranza, mettere il dito in situazioni sorprendenti, e scoprirle vere.

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